Ho visto ieri sera per la prima volta il film Black Rain – Pioggia sporca (R. Scott, USA 1989), che non so perché mi era sfuggito. Ottimo film, come tutti i thriller e quelli d’azione degli anni Ottanta. Mi ha fatto tornare in mente il periodo in cui ero un otaku, ossia un “appassionato in modo ossessivo verso la sottocultura giapponese di fumetti, cartoni e videogiochi” – un nerd nipponico insomma.
Giappone che passione
Tra le molteplici passioni dell’adolescenza, una predominante era verso tutto ciò che riguardava il Giappone. Adoravo tutto quel che veniva da questo Paese, a cominciare da manga e anime, fino alla cultura, la storia e l’arte (ho seguito persino dei campionati di sumo). Ma se queste ultime mi interessano ancora oggi, come del resto tutta l’Asia, la passione per fumetti e cartoni animati è svanita, neppure gradualmente. Comunque sia, forse non ero un vero e proprio otaku, perché ho conosciuto gli appassionati veri e sapevano anche i minimi dettagli di serie, personaggi e autori; io non sono mai arrivato a questi eccessi, però di serie ne ho seguite un sacco e di soldi ne ho spesi parecchi. Contando che ero un nerd anche in altre direzioni (tra fumetti americani, film di genere, collezionismo ecc.), se non avessi avuto passioni, oggi sarei molto più ricco. Al di là di questo, mi affascinavano i dettagli, le parole che si potevano e dovevano usare per descrivere certe cose (tipo “gaijin“), avrei anzi voluto saperne di più sulla vita quotidiana, le “piccole differenze”, per dirla alla Pulp Fiction (ma anche quelle grandi, grandissime). All’epoca non era facile scoprirle, senza internet, ma molte le ho conosciute grazie ai manga. Continua a leggere