Ieri ho visto un episodio di Law and Order – Special Victims Unit, in cui un ragazzo quindicenne viene violentato dal padre come “punizione” per non essere riuscito a sparare a un coniglio, durante una battuta di caccia organizzata come rito di passaggio. L’episodio, in due parti, cerca ci sottolineare la differenza tra un’educazione volta a rafforzare il carattere, e la forzatura per costringere ad assumere atteggiamenti da “vero uomo”, che si riassumono in modi di comportamento prevaricatori, aggressivi e spietati. Il fulcro è l’idea di mascolinità propagandato da una concezione dell’uomo come guerriero, pistolero, spadaccino, cacciatore, che beve whisky al bar con gli altri uomini, vantandosi delle sue conquiste sessuali e di come ha vinto in una rissa. Perché se si stende un altro uomo per una parola storta, si hanno “le palle”; se si importuna una donna con fischi o pacche sul culo, si è macho. Tutto ruota su questa idea distorta, per cui essere un “vero uomo” vuol dire prevaricare, primeggiare sconfiggendo tutti gli altri; e se qualcuno non ci riesce qualunque ne sia il motivo, se non spara al coniglio/alce/orso, se non si porta a letto tutte le donne che conosce o che gli capitano a tiro, se non distrugge chiunque gli sbarri la strada – allora è una femminuccia, un fallito senza coglioni, un frocetto (da qui, nell’episodio citato, lo stupro punitivo del figlio non conforme, fottuto come una femmina, ridotta a simbolo di inferiorità e debolezza). Continua a leggere