Aforismi a buon mercato, vol. 9

Aforismi 72 – 89

  • Origine e senso delle parole
  • Pasolini non mi piace
  • In difesa di Pasolini
  • 1968/2018
  • Come eravamo (illusi)
  • Cinema antisovietico offensivo
  • Due articoli su sinistra e Islam
  • Capitalismo verde
  • Champagne!
  • Sovietskoje Sciampanskoje
  • Comunella Molotov-Ribbentrop?
  • Slide to the Left
  • Digito ergo sum
  • Convergenze parallele
  • Prima, conta fino a 1000
  • Gilles Deleuze, Lo strutturalismo
  • La fragilità dell’acciaio temprato

72 – Origine e senso delle parole. Cercare l’etimologia delle parole restituisce significato a ciò che diciamo, affinando la consapevolezza dell’espressione e quindi della formulazione dei pensieri. Esempio a caso: “sciamano”, ossia lo stregone guaritore, la figura sacerdotale delle tribù animiste non alfabetizzate. Su Wikipedia la spiegazione è la seguente:

«Secondo svariati dizionari etimologici, la parola sciamano (per la prima volta attestata nel 1698) sarebbe entrata nell’italiano dall’inglese shaman, questo (attraverso lingue slave e germaniche) dal tunguso šaman, a sua volta dal pali samana, derivato dal sanscrito sramana che significa “monaco”. Da notare la radice indoeuropea sa- legata al verbo “sapere” e mánu con significato di uomo.»

L’uomo che sa, guarisce i mali.

73 – Pasolini non mi piace. Pur rendendomi conto dell’importanza che la sua opera ha avuto, dell’influenza che ancora esercita, sia per la scabrosità dei temi e delle rappresentazioni, sia per la morte tragica che ha chiuso il suo ciclo, non ho ancora capito, o intercettato, la sua presunta grandezza artistica. Capisco anche di come sia necessario contestualizzarlo: senza intendere cosa era la società italiana degli anni Sessanta-Settanta, tra moralismo della DC, ortodossia del PCI, movimenti extraparlamentari divisi tra brigatismo e neofascismo, ecc., non si può davvero capire il significato di rottura di tante sue opere e prese di posizione. Ma non parlo da “esperto”, nella maniera più assoluta. Sottolineo infatti che: non ho ancora letto nessuno dei suoi romanzi, né poesie; come film, ho visto solo Uccellacci e uccellini, Salò e una parte de I racconti di Canterbury; ho ascoltato parecchie interviste dove esponeva le sue idee politiche e ho letto – e apprezzato – i famosi Scritti corsari. Dunque non posso dare un giudizio definitivo e a tutto tondo, completo, approfondito e ragionato su Pasolini come uomo/scrittore/regista/poeta. Né ho intenzione di farlo, perché quel che ho visto, letto e ascoltato, se non in rari casi, non mi è piaciuto, non mi ha coinvolto né sconvolto. Ossia, tutto il contrario di altri intellettuali eterodossi, eretici o semplicemente autonomi nel pensiero. Sul fronte politico, salvo gli Scritti corsari; però anche su questo era troppo ruralista e mitologico, troppo legato a una idea antimoderna di società “comunista” (o forse comunitaria?), quasi pre-industriale, che oggi magari trova eredità in posizioni come la decrescita (o anche il nuovissimo movimento ambientalista), ma che io non riesco a vedere di buon occhio. Comunque la scena del diavolo che caca gente non è affatto male.

74 – In difesa di Pasolini:

1) Ora, non è che siccome Pasolini non mi piace, non mi interessi che sia rispettato: lui avrà pure simpatizzato coi poliziotti a Valle Giulia, ma non significa che fosse un cretino anti-antifascista. La sua storia con le forze dell’ordine – e il potere istituzionale che rappresentavano – è stata analizzata a fondo su Internazionale, a opera di Wu Ming 1, dimonstrando che questo “mito” distorto non è vero. In ogni caso, basta leggere con attenzione il testo originale per comprendere la natura di quella “simpatia”, tutt’altro che perbenista o destrorsa.

2) Continua poi a circolare una frase attribuita a Pasolini, ma mai realmente scritta o pronunciata da lui, che è in uso presso le genti di destra meno avvezze a rendersi conto di ciò che condividono sulle reti sociali, ma che risulta perfetta per sventolare in faccia alle genti di sinistra la loro attitudine illiberale nel voler per forza dar valore all’antifascismo, come se (oh, dèi!) questo potesse essere addirittura a fondamento della nostra attuale Repubblica parlamentare. L’avrete certamente letta in vari luoghi, quindi non c’è bisogno di riportarla; semmai, è il caso di segnalare, sempre su Internazionale a opera di Wu Ming 1, una lunga disamina che prova in maniera abbastanza evidente come quella frase non sia, né sia mai stata, pronunciata dal compagno Pasolini nei termini e modi e dinamiche rappresentati.

75 – 1968/2018. Non posso perdere l’occasione di ricordare il ’68, quindi ecco il meglio del linguaggio politico che ne scaturì. La lista è tratta da Porci con le ali, di Lidia Ravera e Marco Lombardo Radice, che è del 1976, quindi si tratta di una degenerazione, un linguaggio pseudo-intellettuale cui ogni discorso che volesse essere ascoltato doveva adeguarsi (intendo cioè parole svuotate del loro significato nella costante ripetizione di concetti assodati e cristallizzati, riprodotti in serie come orpelli di consumo intellettuale alla moda).

  • Tema del dibattito
  • Nella misura in cui
  • I parametri
  • Collettivizzante
  • Bisogni indotti
  • Principio di realtà
  • Metalinguaggio
  • La condizione operaia
  • La disgregazione delle masse giovanili
  • La decelerazione dei processi conoscitivi
  • Depauperamento culturale
  • In ultima analisi
  • Crisi complessiva dei valori
  • Borghesia decadente
  • Tardocapitalismo
  • Espressione del nuovo
  • Dinamica della mercificazione

Da notare come ancora oggi molte di queste espressioni siano riprese nel linguaggio politico radicale, forse distorcendole ulteriormente.

76 – Come eravamo (illusi). “I social sono nati in un curioso buco etico, in verità non così curioso visto che l’etica è una faccenda complessa e ‘fai quello che ti pare senza conseguenze’ un ragionamento bovino” – Buco etico, mi piace. Tempo fa lessi Cyberdemocrazia di Pierre Lévy, scritto nel 2001, agli albori della rete. Prospettava scenari entusiasmanti di libertà di espressione, democratizzazione del sapere, uscita dal monopolio delle agenzie di informazione, rendendoci tutti giornalisti di noi stessi, verso una collaborazione “neurale” globale, premessa alla nascita dell’intelligenza collettiva. Ma il seme della distruzione era insito proprio in quelle premesse, l’autoreferenzialità che tutto nega se non adatto al tornaconto. Chissà se continua ancora a sostenerlo oggi, devo controllare. – “Mi ricordo quel periodo; se ci penso era uno scenario bellissimo. E guarda adesso dove siamo arrivati. Che tristezza” – Già, la Legge di Murphy non sbaglia mai… Il problema è che quel grande entusiasmo si basava sul rifiuto dell’autoritarismo, dei filtri e delle mediazioni che sembravano manipolare informazione e conoscenza secondo interessi più o meno nascosti; ma non prendeva in considerazione la preparazione delle maggioranze, fino ad allora “silenziose”, a un tipo di complessità, di potere e perciò di responsabilità che richiede attenzione e persino fatica. Un problema educativo, in effetti, ed etico, appunto, perché la realtà è che se il potere si toglie alle élite e lo si dà alle masse, sempre potere resta, e sempre aperto alle manipolazioni di interessi diversi.

77 – Cinema antisovietico offensivo. Ho sempre pensato che i film occidentali sull’URSS siano stracolmi di pregiudizi e stereotipi, asserviti alla propaganda che ci “rassicura” su quanto noi siamo migliori di quei barbari (a maggior ragione se comunisti). Ma potevo capirlo per i film del passato, del periodo della guerra fredda; invece ancora oggi escono porcate disgustose come “Child 44”, che non esiterei a definire offensivo. E questo articolo conferma le mie idee.

78 – Due articoli su sinistra e Islam. Roba ormai già discussa e ridiscussa, ma vale la pena riportarli: “Perché da iraniana ho sofferto nel vedere il velo sul palco” e “Se la sinistra confonde l’antirazzismo con la difesa dell’Islam“. Io la penso più o meno allo stesso modo (spesso si rischia di confondere i piani), sebbene mi renda conto di due cose: intanto, che criticare l’islam va fatto senza scadere nell’appiattimento sulle posizioni della destra (cosa purtroppo molto facile); poi, che la tolleranza passa anche attraverso l’accettazione delle cose che non ci piacciono, come il velo, perché è una diversità e i conservatori puntano dritti contro queste. Ma sono pienamente d’accordo sul fatto di battersi in nome della laicità (io direi proprio del laicismo, rivendicandolo con orgoglio) contro ogni forma di discriminazione e imposizione oscurantista.

79 – Capitalismo verde. Io ho sempre detto, tra il serio e il faceto, che le energie rinnovabili avrebbero preso piede solo quando ci avrebbero potuto fare soldi. Ora vedo che qualcuno lo auspica: “Le ragioni di Greta e il green new deal: tutto passa per il capitale privato”. Certamente non si può operare, oggi, al di fuori del capitalismo; ma il fatto che non si possano cambiare le cose per decreto, è anch’esso sintomo della natura debole dello Stato attuale. L’ampio respiro delle riforme strutturali potrebbe passare attraverso un progetto tecnocratico gestito dal potere pubblico, se questo fosse realmente un “potere”. Comunque il mio dubbio rimane: è possibile spostare lo sviluppo verso forme sostenibili, continuando a utilizzare un sistema economico che si fonda su uno stile di vita consumistico? E non sono il solo ad avere dubbi del genere: “Ideologia Green New Deal”.

80 – Champagne! Ho verificato: lo champagne ha una validità di un anno. Poi sa di tappo, o peggio. Si può ancora bere “privatamente”, se avete delle noccioline da smaltire, ma non servire né regalare (che poi è quel che fanno tutti, lasciando girare bottiglie per anni). Prova effettuata con un Moët Chandon regalatomi forse tre anni fa e un Pommery forse più vecchio. Stessa cosa con un Veuve Clicquot ricevuto/riciclato l’anno scorso, questo assolutamente imbevibile e probabilmente velenoso. Non c’è di che.

81 – Sovietskoje Sciampanskoje. Ossia champagne sovietico, prodotto a buon mercato per il popolo, secondo una direttiva di Stalin in persona. Doveva essere tipo vino con gassosa (che tra l’altro è un metodo ottimo per mandare giù certi orridi “vini della casa” che ti rifilano nell’entroterra). Prodotto ancora oggi da un’azienda privata. Alla salute!

82 – Comunella Molotov-Ribbentrop? No. Risultato dei fallimenti diplomatici (nonché sorta di grosso “vaffa” ante litteram). L’URSS ci aveva provato eccome, a fare un’alleanza antinazista con i capitalisti occidentali, ma quando si tratta di comunisti, i “democratici” occidentali preferiscono il fascismo, finché non prendono bastonate pure loro. In questo video si chiarisce bene la questione, alla faccia di Robert Conquest, del mio professore del liceo e di tutti quelli che mi hanno sempre rinfacciato questa storia come “prova” dell’equivalenza di nazismo e comunismo.

83 – Slide to the Left. IO – Guarda, anche nei momenti di cinismo misantropico in cui non vedo e non auspico speranza, vedo nel comunismo la soluzione più razionale ai mali dell’umanità, costringendo tutti a educarsi e a lavorare per risolvere i problemi collettivi. Quindi, per l’amore o per il dolore, slide sempre to the left! / LEI – D’accordo su tutto, anche se non ho ancora determinato se preferirei vivere in uno stato comunista o socialista. Soprattutto se pensiamo alla distribuzione delle risorse secondo necessita’, mi sembra un po’ utopistica e tanto fiduciosa nella natura umana, quindi nel mondo reale mi accontenterei di politiche socialiste. Come vedi c’e’ ancora un sacco di spazio per slide to the left con l’avanzare degli anni… / IO – Beh, io ormai sono in una sorta di impasse: quel che reputo giusto per la società, cozza con quel che secondo me va bene per l’individuo. Ma posso dire di essere affascinato dalla soluzione cinese, che, sulla carta, salva la capacità di produrre ricchezza senza rinunciare al controllo pubblico sull’economia, finalizzando il sistema alla crescita collettiva. Una sorta di “tecnocrazia socialista” che radicalizza la NEP di Bucharin. Solo che non saprei come implementarla in un contesto culturale diverso da quello della Cina: la mentalità è troppo differente dalla nostra, in quasi tutto. [Nota a posteriori: in realtà è ovvio che individuo e collettività abbiano bisogni diversi e talvolta incompatibili, è la base del rapporto tra microeconomia e macroeconomia, non so di che cazzo mi lamento]

84 – Digito ergo sum. Sono un bambino vecchio che sta diventando un vecchio bambino. Sono un rinoceronte che vorrebbe essere una tigre, mentre gli altri lo vedono come un pipistrello. Sono un fumatore, un bevitore, un mangione, un topo di biblioteca, uno scribacchino, un artista col tremore nelle mani. Sono una corda tesa tra la bestia e il superuomo, una stella rossa che non brilla e non tramonta. E sto provando, con grande fatica, a diventare l’architetto di me stesso. [vecchia presentazione su fb]

85 – Convergenze parallele. C’è un antropologo che dice le stesse cose che ho detto io, solo che lui ha un pubblico e io no. Io ho sempre detto che la tecnologia attuale somiglia molto alla magia, e lui sostiene proprio la stessa cosa; io ho messo nel mio profilo, per scherzare, la frase “digito ergo sum” per dire che su internet esiste una versione digitale di me stesso che vive fin quando digito attraverso di essa, e lui ha detto che con la visibilità su internet stiamo passando dal “cogito ergo sum” al “digito ergo sum”. Allora le cose sono due: o io sono intelligente come questo antropologo, solo più lento a produrre e divulgare pensiero, oppure QUELLA CANAGLIA MI COPIA LE IDEE! 😛

86 – Prima, conta fino a 1000. A volte vorrei buttarmi a capofitto nelle beghe su fb, anche con lo stesso tono volgare ed esagerato con cui di solito ci si esprime, ed essere finanche ingiusto pur di esprimere la mia contrarietà a quel che leggo, ma poi con che faccia potrei lamentarmi di quanto l’umanità internettiana sia una porcheria da confinare nel Gulag? Bisogna essere coerenti.

87 – Gilles Deleuze, Lo strutturalismo. Non ci ho capito una mazza, ma neanche una scheggia del manico della mazza, solo Derrida è peggio. Mal di testa… Però una cosa mi pare evidente: lo strutturalismo ha reintrodotto la metafisica. Una metafisica differente, mobile, senza assoluti e, come dire, “distribuita e distribuibile” (parole a cavolo magari, ma è l’influenza del testo stesso), con questa idea della struttura virtuale e inconscia precedente tanto il reale quanto l’immaginario, relativa e relazionale, se non addirittura “situazionista”. Ma pur sempre di metafisica si tratta, eddai… In effetti è difficile mantenersi seri di fronte a certi passaggi, comunque non so se la sua intenzione fosse quella di scrivere un saggio introduttivo, ma nel caso, ha fallito. Da tempo avevo intenzione di acquistare L’Anti-Edipo (scritto con Guattari, ma ho idea che questo aumenti soltanto le complicazioni), nonostante una certa diffidenza verso i filosofi francesi. Però tutto questo bla bla bla apparentemente insensato e inconcludente, che già mi aveva fatto abbandonare Derrida e il suo Spettri di Marx (inintelligibile), si è rivelato troppo anche per me.

88 – Parzialmente falso: Koontz profeta del virus. In tempi di pandemia e conseguente isteria collettiva, girano storie e teorie del complotto una più folle dell’altra, dal virus fuggito da un laboratorio che creerebbe armi biologiche, a profezie e viaggi nel tempo sull’avvento del Covid-19. Una fusione di questi due esempi è l’idea per cui Dean Koontz, dai pazzi definito uno “storico”, avrebbe predetto l’epidemia del 2020 dicendo che veniva da Wuhan. Questo articolo della Reuters chiarisce la storia, dichiarando questa “scoperta” parzialmente falsa. In breve: Dean Koontz (che è uno scrittore di fantascienza, e non uno “storico che viaggia nel tempo”) ha sì descritto negli anni Ottanta un virus “Wuhan-400” in un romanzo, The Eyes of Darkness, ma quel virus non ha le stesse caratteristiche del Covid-19, né l’origine (che è biologica e non sperimentale), né i sintomi (che sono quelli di una broncopolmonite, non di una tossina che divora il tessuto cerebrale invalidando tutte le funzioni), né la mortalità (che varia dal 2-4% di Wuhan allo 0,7% all’estero, con una incubazione di circa due settimane, e non del 100% nel giro di dodici ore) e, per di più, nella prima edizione del 1981 era nominato “Gorky-400”, in quanto prodotto in Unione Sovietica, passando al nome attuale nella riedizione aggiornata del 1989. La pagina col nome del virus, poi, è spesso presentata in vari video insieme a un’altra pagina, che parla di “una forte polmonite diffusa intorno al 2020 resistente ai trattamenti” e cita mascherine e guanti; quest’altra pagina viene però da un altro libro, End of Days, scritto da una psichica nel 2008, Sylvia Browne, e non c’entra niente con Koontz né coi viaggi nel tempo. Accattivante in ogni caso, perché la psichica ci ha azzeccato (tra l’altro, aveva ispirato la serie tv Medium), ma dai, a tutto c’è un limite e se non c’è, ci vuole il Rasoio di Ockham.

89 – La fragilità dell’acciaio temprato. Le immagini sono splendide e l’evento ha avuto una carica simbolica di liberazione che era forse persino necessaria, allora, per realizzare cosa stesse succedendo. Però non posso fare a meno di pensare che quei rincoglioniti della DDR abbiano combinato un casino assurdo, quel giorno. Il progetto per l’apertura delle frontiere era stato preparato la mattina, approvato dal Consiglio poco dopo e sarebbe entrato in vigore il giorno dopo. La sera, alla conferenza stampa, chi ha dato la notizia non aveva partecipato alle riunioni e non sapeva quasi nulla del progetto, così ha “minimizzato” come il governo stava facendo su tutto. È bastato rispondere “da subito”, anziché “a partire da domani”, alla domanda “da quando le frontiere saranno aperte?”, per distruggere tutto. Ma va bene.

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Sono alquanto riservato sulla mia vita, perché spesso le persone si lasciano influenzare da pregiudizi più o meno inconsapevoli sulla provenienza, l'età o il lavoro di qualcuno. Basti sapere che cerco di mantenere la mente aperta, mi piace il pensiero critico, detesto l'ignoranza arrogante e scrivo solo per passatempo, sulla filosofia, la storia, la politica, la musica, il cinema e i viaggi. Vedi tutti gli articoli di GoatWolf

2 responses to “Aforismi a buon mercato, vol. 9

  • redpoz

    Hai provato Girard? Credo sia anche peggio di Derrida (ma Derrida non l’ho letto…)

    • GoatWolf

      No! Lo conosco solo di nome. D’altro canto, la mia “diffidenza verso i filosofi francesi”, in blocco, è dovuta a questa inintelligibilità dei loro lavori, che diventa un ostacolo e al contempo un sospetto irritante che in qualche modo stiano solo giocando con le parole. Per esperienza personale so quanto possa essere necessario, in certi contesti, usare un linguaggio più complicato per dilungarsi in spiegazioni altrimenti non troppo difficili; ma Derrida e Deleuze, come pure Lacan (che però ho studiato su fonti secondarie), mi hanno lasciato una sensazione di vuoto, come se tutto quel che avessero da dire si riducesse a un rimescolamento delle carte, sempre dallo stesso mazzo e sempre sullo stesso tavolo. E che forse si tratta di tarocchi: ognuno può trovarci qualcosa che acquista senso in base alle proprie esperienze e inclinazioni. Ma al momento preferisco un’altro tipo di filosofia…

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